Edificata nel 1855 su progetto dell’ing. Francesco Immeroni, la sua costruzione si protrasse fino al 1858. La struttura mononavata, con transetto e cappella presbiteriale, disegna in pianta una croce latina. La copertura in travature lignee, mascherata da tavole ricoperte di intonaco per simulare una volta a botte in muratura, poggia su archi diaframma a tutto sesto segnati all’esterno da altrettanti contrafforti. La facciata liscia, profilata da paraste, è sormontata da un timpano triangolare secondo i canoni di uno stile neoclassico alquanto semplificato. Il campanile poté essere eretto solo nel 1937, contestualmente a un primo restauro strutturale dell’edificio. Dell’antico arredo interno oggi si conserva solo l’altare maggiore in marmo, di stile eclettico, fatto costruire nel 1894 dal rettore don Tommaso Lecca. La grande statua lignea di Sant’Efisio fu realizzata nel 1934 dalla ditta Ginotti di Torino. Vari restauri, tra in 1976 e il 1986, hanno successivamente eliminato tutti gli altri arredi sacri della tradizione preconciliare: pulpito, balaustra e altari laterali del transetto, che erano dedicati al Sacro Cuore e alla Vergine del Rosario.
Chiesa di Santa Barbara
Sui monti di Capoterra, a pochi chilometri dal paese, sorge la chiesetta di Santa Barbara. Edificata intorno al 1280 in stile romanico-pisano con copertura a capriate lignee, mantenute anche in occasione dei recenti restauri. La peculiarità della chiesa è costituita dai numerosi alloggiamenti per bacini ceramici nella facciata, testimonianza di contatti con elementi islamici e ispano/moreschi.
Si tramanda che Santa Barbara, Vergine e Martire Cagliaritana, tra la fine del III e i primi anni del IV secolo d.C. sia stata incarcerata per la sua fede in Cristo e condannata alla decapitazione. A breve distanza dalla chiesa si trova la sorgente “Sa Scabitzada”, che secondo la leggenda avrebbe cominciato a scaturire nel momento in cui la testa di Santa Barbara, recisa, cadde al suolo. A protezione della fonte venne eretta una piccola cappella, costruita tra il XIV e il XVII secolo, che risulta tuttora meta di continuo e devoto pellegrinaggio. La statua della Santa, in legno intagliato e policromato, è custodita presso la chiesa parrocchiale di Capoterra e, in occasione della festa in suo onore, viene portata con un lungo e faticoso pellegrinaggio presso la chiesa campestre dove si celebrano i riti religiosi e civili.
La zona di Santa Barbara, verso i primi anni del '900, venne scelta dai nobili cagliaritani come residenza estiva. Ancora oggi è possibile vedere bellissime ville immerse in parchi di palme e olivi secolari.
Chiesa di San Girolamo
Nella sua prima attestazione documentaria, risalente al 1565, la chiesetta di San Girolamo «de la Murta», nelle campagne tra Capoterra e Poggio dei Pini, veniva donata dall’arcivescovo di Cagliari all’eremita frate Francisco Boy, affinché potesse «condurvi vita solitaria e contemplativa».
La semplice aula mononavata con copertura lignea, però, nel suo orientamento lungo l’asse nord-sud (mentre quello liturgicamente canonico avrebbe richiesto l’altare rivolto ad est), lascerebbe presupporre una sua destinazione ad uso profano ancora più antica. La sua trasformazione in luogo di culto può farsi risalire al periodo di trapasso tra medioevo ed età moderna, quando la spiritualità cristiana occidentale riscoprì il fascino dell’anacoretismo e quindi la complessa figura di San Girolamo, padre e dottore della Chiesa, che trascorse lunghi periodi della sua vita solitario nel deserto. La chiesa venne eretta a canonicato nel 1629, fino a che non fu soppresso da una legge del 1867. La chiesa rapidamente rovinò e crollò e i ruderi vennero utilizzati come ovile per le pecore dei pastori della zona. Solo nel 1893 fu restaurata ad opera di privati, ai quali, per usucapione, passò anche il titolo di proprietà.
Chiesetta di Sant’Efisio a Su Loi
E' una cappella stazionale, eretta a Su Loi sul ciglio della strada Sulcitana. Segna il punto in cui, ogni 1 maggio, fa sosta la processione di Sant’Efisio, lungo il suo tradizionale tragitto da Cagliari a Nora. Di pianta rettangolare, fu costruita ai primi del Novecento come dipendenza della vicina villa padronale di Villa d’Orri. I muri sono in ciottolame granitico rinforzati sui lati lunghi da pilastri in cemento. Il tetto a doppio spiovente è sorretto da travature lignee e coperto con tegole marsigliesi. Di particolare pregio il simulacro in legno policromato del santo titolare, databile al tardo XVIII secolo, e un crocifisso di gusto popolaresco, anch’esso ligneo, di poco più recente.
Chiesa Madonna di Lourdes
Inaugurata il 1 gennaio 1985, secondo un progetto elaborato su basi strettamente teologiche e simboliche, è realizzata con la pietra ed il cemento, materiali che conferiscono modernità, originalità e nel contempo tradizione. La scelta della struttura architettonica fu dettata anche dalla conformazione geografica del luogo, salvaguardato con la rinuncia dello sbancamento di una parte della collina antistante. Il primo modello a classica pianta basilicale, pensato fin dal 1982, venne accantonato in favore di una struttura circolare che richiama le chiese orientali, le quali ospitano l’assemblea dei fedeli intorno alla mensa eucaristica. In particolare, il progettista si rifece all’Anastatis costantiniana, ovvero la basilica circolare voluta dall’imperatore romano in ricordo della Resurrezione di Gesù Cristo: deambulatorio anulare individuato da una fila di dodici pilastri, cupola troncoconica a tino rovesciato e quattro cappelle laterali a forma di croce. Ricca di simbolismi strutturali e numerici ad incominciare dalla rotondità, segno di unicità, protezione e pienezza e quindi di Dio come Entità Suprema. Inoltre le quattro croci ad interpretazione dei quattro angoli del mondo verso i quali deve procedere l’annuncio del Vangelo. L’altare, posto al centro dell’universo, figurato dal cerchio dei 12 pilastri che sorreggendo la volta, richiamano i segni dello Zodiaco e quindi dell’inconoscibile immensità del Firmamento. Anche la scelta del materiale per la pavimentazione, ha un significato ben preciso, così come la cupola e le capriate che richiamano la chiglia della nave della Chiesa, strumento di salvezza, a ricordo dell’Arca di Noè. Il porticato esterno, infine raffigura due braccia protese nell’accoglienza fraterna dell’intera comunità.
Chiesa Beata Vergine Maria
La parrocchia della località Frutti d’Oro, voluta intensamente dalla popolazione della borgata in continua crescita, venne inaugurata e consacrata il 22 dicembre 2002; ha l’aspetto di una tenda, a ricordo del primo santuario offerto al Signore nel deserto del Sinai, in segno di umiltà, precarietà e sacrificio, necessari per il raggiungimento verso la vera libertà e la gioia dell’unione eterna con Lui. La forma semicircolare rappresenta inoltre l’abbraccio della comunità intorno all’altare ed anche il tetto è parte del simbolismo, rimanendo relativamente basso sul presbiterio e prendendo un deciso slancio verticale sopra i fedeli, ad esprimere architettonicamente la forza della preghiera che sale verso il cielo. L’ampio presbiterio è quasi una piazza, con la forma di nave rievocante l’Arca di Noè e la barca di San Pietro. L’altare, isolato solo fisicamente, è stato scolpito in un unico blocco di calcare di oltre tre tonnellate ed ha il basamento costituito da una grande croce; ai piedi sono state collocate alcune reliquie, tra le quali una pietra proveniente dal Monte Calvario ed un frammento del Santo Cenacolo.
Torre costiera Su Loi
Quella di “Su Loi” è una delle 104 torri che sorgono lungo tutte le coste sarde. Si tratta di una torre di avvistamento, del tipo più piccolo. A perpendicolo dell’ingresso, per difenderlo mediante il lancio di proiettili, olio bollente etc., c’era una garrita, sostenuta da mensoloni in pietra arenaria, con funzione di piombatoio. Nella piazza d’armi sono anche presenti due mensoloni lignei che reggevano un’altra garitta, probabilmente adibita a santabarbara, cioè a deposito di munizioni. La torre di Su Loi era stata costruita di piccole dimensioni perché la zona di Capoterra era rimasta disabitata fin dal XIV secolo, dopo che, durante la guerra di conquista catalano-aragonese, l’antico villaggio medievale era stato distrutto. L’attuale Capoterra fu ripopolata a partire dal 1655 non subì mai incursioni dirette da parte dei corsari barbareschi. È noto soltanto uno sbarco avvenuto nel 1575, quando i pirati arrivarono fino all’eremo di Santa Barbara prendendo prigioniero il frate responsabile della chiesa. Forse fu proprio questo, tra l’altro, il motivo che accelerò la costruzione della torre. La torre fu costruita a dieci metri sul livello del mare, sul ciglio del cono di deiezione di un fiume proveniente dai monti, oggi ridotto ai due torrenti di Su Loi e Rio San Girolamo. Era il punto più alto della costa e strategico per il rifornimento di acqua potabile. La torre di Su Loi, una volta venuta meno la minaccia islamica, servì per prevenire il contrabbando oppure per bloccare l’attracco di navigli sospetti dal punto di vista sanitario. Fu completamente abbandonata nel 1845.
Bidda Mores
E' la meta escursionistica più bella è rilevante della Sardegna meridionale. Il percorso, che si snoda attraverso un bosco rigoglioso è incrociata ripetutamente da alvei di torrenti. Spettacolare la famosa gola scavata dal Rio Is Cioffus. Questa è, nel punto più stretto, larga poco più di due metri, con le pareti quasi verticali che fuggono su in alto per diverse centinaia di metri. Alberi secolari, cascate impetuose, vertiginose pareti di un rosso vermiglio fanno da scenario a questo paesaggio unico per la sua originalità.
Monte Arcosu
La Riserva Naturale di Monte Arcosu occupa un'area di circa 3600 ettari all'interno del complesso montuoso del Sulcis, uno degli ambienti naturalistici più interessanti e importanti della Sardegna. La riserva comprende i due suggestivi massicci del Monte Arcosu (m. 948) e del Monte Lattias (m. 1086) con l'insieme delle vallate e delle colline sottostanti. L'intero comprensorio è ricoperto prevalentemente di lecci, cui seguono le sughere ed i ginepri. Dall'insieme della vegetazione spiccano esemplari vetusti e imponenti di corbezzolo e di carrubo. Particolarmente importante è una stazione di tassi secolari nelle pendici del Monte Lattias. Nelle parti più degradate gli alberi convivono con una folta macchia mediterranea. Il sottobosco è l'ambiente ideale per numerose specie di funghi, di cui alcune molto rare ed una esclusiva, e per i licheni, di cui sono state determinate sinora ben 219 specie. La fauna, oltre al cervo sardo, divenuto il simbolo della riserva, comprende una forte presenza di cinghiali, nonché alcuni esemplari di daino all'interno di un'area faunistica visitabile. Tra i carnivori troviamo il gatto selvatico sardo, la volpe, la martora, la donnola. Nelle radure si incontrano la pernice sarda ed il coniglio selvatico. Estremamente qualificata è la presenza dei rapaci, che annovera la poiana, il gheppio, il falco pellegrino, lo sparviero e la varietà sarda dell'astore. Nei dirupi del Monte Arcosu nidifica l'aquila reale. Nelle acque del rio Is Fenugus, nelle pendici del Monte Lattias, è stata individuata la popolazione più pura di trota sarda presente in Sardegna.
Gutturu Mannu
E' una suggestiva località posta ai limiti del complesso montuoso del basso Sulcis, compresa nei territori dei paesi di Assemini, Capoterra e Uta, dichiarata con Decreto Ministeriale area di notevole interesse pubblico nel 1975. La vallata prende il nome dalla sua stessa conformazione, essendo una grande gola scavata tra i monti, ed è attraversata dal Rio Gutturu Mannu. La superficie complessiva dell'area è di circa 4768 ettari, per lo più agevolmente percorribili grazie a delle piste interne adatte alle jeep. Chi accede per la prima volta in questa zona montana viene immediatamente colpito dalla folta vegetazione forestale (tra le più vaste in Europa), caratterizzata da querce, lecci, pioppi, sugherete, mirto, carrubi, lentischi e cisti, dalla varietà della fauna, nonché dai pittoreschi corsi d'acqua e dalle numerose fonti. Una volta giunti ci si trova, poi, immediatamente di fronte la chiesetta campestre di S. Lucia, ricostruita alla fine degli anni Settanta, immersa in un parco in cui spiccano antichi ulivi. Qui gli archeologi hanno rinvenuto diversi manufatti che vanno dal periodo nuragico fino all'Alto Medioevo. In quest'angolo di montagna, insomma, sembra che storia e natura si siano alleate per comporre un mosaico di grande fascino, habitat naturale del cervo sardo e dell'aquila reale. Nelle vicinanze è possibile visitare la fonte di Fanebas col villaggio e il nuraghe omonimo inseriti all'interno di un folto bosco che fin dall'antichità dovette favorire le attività di caccia e pastorizia.
Miniera di San Leone La miniera si inserisce in un'area di grande interesse ambientale. Concessa al francese Léon Gouin a metà Ottocento, la miniera di ferro è rimasta attiva fino al 1963 ed oggi nel suo ampio territorio sono state impiantate colture arboree produttive che hanno parzialmente rimodificato il paesaggio alterato dagli imponenti scavi a cielo aperto. I fabbricati della miniera risalgono a due momenti: a quello più antico appartiene la direzione che ha due piani con semplici finestre e balconi, ricoperti da un tetto a spioventi. Il villaggio moderno ha diverse abitazioni ormai abbandonate. È decisamente più interessante il poderoso impianto di trattamento elettromagnetico risalente agli anni cinquanta del Novecento con grandi volumi squadrati, disposti a livelli diversi e realizzati con strutture in cemento armato a vista. Tra questi spicca il grande pilone d'appoggio alle scale in ferro visibili all'esterno. La miniera fa parte del Parco Geominerario, Storico e Ambientale della Sardegna, riconosciuto dall'UNESCO.
In allegato la brochure che riporta la descrizione dei principali siti di interesse culturale presenti nel territorio, visitabili gratuitamente in occasione delle manifestazioni che ne prevedono l’apertura straordinaria.
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